PREMESSA
La scheda contiene dei materiali per una lezione sullo stato dei mari, degli oceani in particolare, a partire dalla visione del docufilm "Mediterraneo bollente".
Il materiale è composto da: una scheda del film, un libro consigliato, il libro di testo in uso, due articoli di attualità. Questo materiale è stato utilizzato nelle classi prime della scuola media, ma può essere utilizzato anche per le scuole superiori.
OBIETTIVI
CONTENUTI
IN CLASSE:
Dopo la proiezione, invitando tutti gli studenti ad intervenire, ecco alcune domande che potranno poi essere oggetto di una verifica:
- Qual è la scena o il dato che più ti ha colpito?
- Quali sono le principali cause delle trasformazioni del Mar Mediterraneo?
- Cos’è l’overfishing?
- In che cosa consiste l’acidificazione dei mari?
IL FILM:
Mediterraneo bollente
Italia 2012, 74' documentario
Regia di Eugenio Manghi
Il Mediterraneo, soprattutto quello profondo, si sta riscaldando più velocemente di tutti gli altri mari del Pianeta. L'aumento di circa 2-3° C di temperatura, con temperature superficiali anche di 29°C, ha già prodotto cambiamenti notevoli nella biodiversità e alcune specie sono migrate a nord, mentre specie esotiche sono arrivate: oltre 600 nuove specie sono entrate da Suez e da Gibilterra, e si sono già acclimatate.
Cosa può causare un aumento così rapido e intenso della temperatura delle acque? Quali saranno le conseguenze?
Completamente girato in alta definizione, "Mediterraneo bollente" ha come scenario principale le coste e i paesi mediterranei, ed è arricchito da importanti paralleli con i mari artici e antartici. Studiare il Mare Nostrum significa anche prevedere ciò che potrebbe accadere in molti altri mari interni sparsi sul nostro pianeta. Con l'ausilio di un nutrito team di ricercatori ed esperti, che da anni studiano i fenomeni che stanno interessando il Mediterraneo, ci sarà possibile comprendere quali potranno essere le conseguenze di questi cambiamenti per tutte le specie viventi che dipendono dal Mediterraneo, uomo compreso.
Sinossi: Il cambiamento climatico sta facendo riscaldare il Mediterraneo cinque volte più rapidamente di tutti gli altri mari del pianeta. Questo sta producendo cambiamenti importanti nel nostro mare: meteorologici, biologici, ecologici e sociali. Il film è un invito, rivolto a tutte le culture mediterranee, a lavorare insieme, in pace, per la rinascita del Mediterraneo.
Video intervista a Eugenio Manchi:
Il LIBRO:
Oceani, Sandro Carniel, Hoepli, 2017, pag. 132
dalla prefazione di Giovanni Carrada
…Gli oceani sono dimenticati. Eppure coprono il 70% del nostro pianeta; se teniamo conto, poi, del fatto che il mare è profondo, stiamo parlando di oltre il 99% dello spazio in cui può esistere la vita.
Gli scienziati sanno benissimo che quello che succede sotto il mare è incredibilmente importante, anche per chi vive sulla terraferma, e che ignorare quello che accade lì sotto può essere molto pericoloso. Ecco qualche assaggio.
Sono le correnti oceaniche – gigantesche e lentissime – che distribuiscono il calore del Sole fra i tropici e i poli e che regolano quindi il clima dell’intero pianeta. Più di metà dell’ossigeno che respiriamo viene prodotto dai microscopici organismi marini del fitoplancton, invisibili a occhio nudo. Le foreste sparse sulla terraferma sono un attore comprimario, ma non il vero protagonista. Le acque degli oceani assorbono un terzo dell’anidride carbonica che immettiamo nell’atmosfera e sono la nostra principale difesa dai cambiamenti climatici: finora hanno assorbito il 90% del calore in più trattenuto sulla Terra dall’effetto serra. Ma non possono continuare a farlo in eterno.
La più grande distruzione ambientale attualmente in corso sul pianeta è la pesca: metà delle popolazioni di pesci di interesse commerciale è completamente sfruttata e un altro terzo è troppo sfruttato o in declino. Non esiste quasi più fondale, al di sopra dei mille metri di profondità, che non venga periodicamente percorso dalle reti a strascico. Al posto dei pesci, molti mari si stanno riempiendo di meduse. Nell’indifferenza generale,. Stiamo distruggendo un patrimonio biologico che cominciamo appena a conoscere. Finora abbiamo esplorato meno del 10% degli oceani e non sempre in modo approfondito. Finora abbiamo contato oltre 250.000 specie di organismi marini, ma dato che si scoprono circa 1500 nuove specie l’anno, si stima che ce ne siano in totale almeno un milione. Proteggiamo il 15% delle terre emerse con parchi e riserve di ogni tipo, ma solo l’1% del mare. Gli oceani sono insomma la vittima più importante delle attività umane e anche – di gran lunga – la più trascurata.
IL LIBRO DI TESTO
Focus natura green - Educazione ambientale e sviluppo sostenibile, Leopardi, Bubani, Marcaccio, Gabaglio – DeA Scuola, 2017
- Il saccheggio dei mari, pag.14 e 15
- Pesce grande mangia pesce piccolo: le catene alimentari, pag.62 e 63
- Emergenza oceani, pag.66 e 67
ATTUALITA’
Temperature record per mari e oceani. Il Mediterraneo è il più bollente
di Tommaso Tetro
Fonte: Rinnovabili.it - 13 Gennaio 2021
L’analisi ‘climatica’, messa a punto da 13 istituti di ricerca di tutto il mondo tra cui gli italiani Ingv e Enea, tiene insieme i dati sulle temperature rilevate nelle acque oceaniche fino a 2mila metri di profondità. Gli ultimi cinque anni in fila sono i più caldi mai osservati, e ciascuno degli ultimi nove decenni è stato più caldo del decennio precedente
– E’ caldo da record per le temperature degli oceani. Con il Mediterraneo che ha il tasso più alto di riscaldamento a livello globale. E una cinquina in fila, per gli anni più caldi mai osservati: tutti a partire, il 2016, 2017, 2018, 2019, e il 2020. Sul lungo termine è risultato che ciascuno degli ultimi nove decenni è stato più caldo del decennio precedente.
Questa volta la certificazione ‘climatica’ è il risultato del lavoro di 13 istituti di ricerca di tutto il mondo, tra cui gli italiani Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) e Enea. L’analisi – ‘Upper ocean temperatures hit record high in 2020’, pubblicata sulla rivista Advances in atmospheric sciences – tiene insieme i dati sulle temperature rilevate nelle acque oceaniche fino a 2mila metri di profondità.
Secondo i ricercatori dell’Ingv e dell’Enea “il Mediterraneo è considerato un hot spot. Gli effetti dovuti al cambiamento climatico possono essere più importanti per la sua conformazione e per la circolazione delle correnti. Da questa ricerca è emerso che è il bacino con il più alto tasso di riscaldamento a livello globale”.
Quello che è stato preso in considerazione – viene spiegato – non è la temperatura ma il contenuto di calore degli oceani fino a 2mila metri di profondità, basandosi sui dati ricavati da tutte le osservazioni disponibili nel World ocean database. La scoperta ci racconta che nel 2020, rispetto al 2019, gli oceani hanno assorbito una quantità di calore pari a 20 Zettajoule (Zetta è un prefisso SI che esprime il fattore 1021, ovvero 10007, ovvero 1 000 000 000 000 000 000 000, ovvero mille miliardi di miliardi), l’equivalente del calore prodotto da 630 miliardi di asciugacapelli costantemente in funzione giorno e notte per un anno; le temperature sono le più alte mai registrate fin da quando è possibile avere una stima a livello globale.
Proprio per il ruolo che l’oceano riveste nel modulare il clima della Terra “il contenuto di calore dell’oceano rappresenta il miglior indicatore del fatto che il Pianeta si stia riscaldando o meno”. Insieme con il 2016, quello appena trascorso sono stati gli anni più caldi mai registrati, tenendo presente che il 2016 è stato però l’anno de El Nino, il fenomeno climatico periodico che determina un forte riscaldamento delle acque oceaniche.
Greenpeace “Riscaldamento globale: curare gli oceani per salvare il Pianeta”
di Cecilia Greco
Fonte: La Repubblica – 4 febbraio 2020
Uno studio di Greenpeace conferma: proteggere gli ecosistemi marini è fondamentale per contrastare gli effetti del global warming. Ecco perché.
Gli oceani hanno avuto, e continuano ad avere, un ruolo molto importante nel mitigare gli effetti del cambiamento climatico. Si stima che i mari, nell’ultimo secolo, abbiano assorbito complessivamente circa il 30% della CO2 rilasciata in era post industriale, oltre ad importanti quantità di calore. Questo comporta delle conseguenze: acque sempre più calde, mari sempre più acidi (a causa dell’assorbimento dell’anidride carbonica) e organismi marini sempre più a rischio.
Per non parlare dell’inquinamento delle acque dovuto all’uomo. Un recente rapporto di Greenpeace ha sottolineato come arrestare la pesca eccessiva e ridurre l’inquinamento dei mari contribuirebbe in modo significativo a far fronte alle conseguenze del cambiamento climatico. Gli ecosistemi marini hanno infatti un ruolo fondamentale nel contrastare gli effetti del riscaldamento globale.
Alghe e fitoplancton, ad esempio, trasformano l’anidride carbonica assorbita dall’acqua in carbonio organico, che torna a far parte della catena alimentare, e producono ossigeno. Mangrovie e barriere coralline possono agire come una barriera verso innalzamenti anomali dell’acqua, ma – come riporta Greenpeace – l’inquinamento e l’attività dell’uomo stanno inibendo queste attività. Alcuni esempi: le paludi di mangrovie vengono distrutte per far spazio alla pesca commerciale mentre le barriere coralline vengono sbiancate e uccise dall’aumento della temperature dell’acqua e dalla sua acidificazione. La crisi climatica ha un impatto molto significativo sugli ecosistemi marini, che rischiano così di non riuscire a svolgere il loro importante compito.
"L’aumento della temperatura del mare può causare dei cambiamenti nella circolazione delle acque e nell’entità dei processi di mescolamento fra le acque superficiali e quelle profonde - spiega Cosimo Solidoro, direttore della Sezione di Oceanografia dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs) - quindi anche della quantità di ossigeno che dalla superficie viene portato verso il fondo del mare e nell’entità di nutrienti che dal fondo del mare vengono portati verso la superficie". L’insieme di effetti diretti ed indiretti (come l’aumento della temperatura e dell’acidità delle acque, la diminuzione dell’ossigeno e dei nutrienti) ha inequivocabilmente delle conseguenze sugli organismi marini.
"Alcuni organismi possono trovarsi in situazioni meno favorevoli - continua Solidoro - e quindi diventano più vulnerabili. Alcuni si adattano, altri, se possono, migrano verso zone in cui vi sono situazioni migliori. Nei nostri mari, nei punti in cui abbiamo misurazioni sistematiche per un periodo sufficientemente lungo, emerge chiaramente come negli ultimi decenni vi siano stati aumenti rilevanti sia nella temperatura sia dell’acidità. Tutto questo potrebbe tradursi in un’alterazione della capacità degli ecosistemi marini di fornire i cosiddetti ‘servizi ecosistemici’: pesca, quindi, ma anche la capacità di assorbire carbonio processo chiave per mitigare gli effetti del cambiamento climatico. In questo contesto è importante continuare a sostenere, ed anzi potenziare, la rete di sistemi osservativi, oltre che aumentare gli studi per comprendere meglio gli impatti sugli organismi marini".
È fondamentale, quindi, tutelare i mari e gli oceani affinché continuino a svolgere il loro ruolo nella lotta agli effetti del riscaldamento globale.
> 8 giugno: giornata mondiale degli oceani
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