Condiviamo la Risoluzione sull’impatto delle attività outdoor sull’ambiente montano approvata dai partecipanti al XXI Convegno Italiano di Ornitologia tenutosi a Varese dal 5 al 9 settembre 2023.



Risoluzione sull'impatto delle attività outdoor sull’ambiente montano


Premesso che

  • negli ultimi anni e ancor più dopo il periodo di confinamento dovuto alla pandemia da Covid-19 vi è stato un incremento del numero di presenze turistiche nelle località montane nel corso di tutto l’anno, a cui si è associato un cambiamento nella tipologia di fruitore delle zone montane, sempre più frequentate da turisti con diverso grado di sensibilità e spesso meno consapevoli degli impatti della loro presenza sugli uccelli e sull’intero ecosistema montano;

  • molte località turistiche montane stanno negli ultimi anni ampliando e diversificando l’offerta turistica al fine di adattarsi ai cambiamenti nella domanda. Tali ampliamenti dell’offerta spesso si basano sulla replica di modelli legati al turismo di massa o all’intrattenimento proprio delle aree urbane, comportando la creazione di infrastrutture o l’organizzazione di attività ed eventi che vengono ora svolti anche in aree relativamente remote, in passato non interessate dalla presenza turistica;

  • sono già ad oggi noti numerosi progetti, sia in fase di proposta preliminare che esecutiva, di ampliamento di comprensori sciistici con relativa costruzione di impianti di risalita e infrastrutture ad essi collegate (infrastrutture viarie, costruzioni annesse, parcheggi, reti elettriche, ecc…);

  • nel 2026 si terranno le Olimpiadi invernali Milano-Cortina, evento di grande portata e potenzialmente anche di grande impatto sull’ambiente montano per flussi di persone, opere e trasformazioni connesse e che, benché propagandato come un evento con al centro la sostenibilità, si stanno di fatto dimostrando del tutto lontane dall’esserlo concretamente;

Considerato che

  • è appurato l’impatto diretto degli impianti di risalita e dei cavi sospesi sull’avifauna ed in particolare su alcune specie di interesse conservazionistico come fagiano di monte, gallo cedrone, pernice bianca e varie specie di rapaci;

  • tali infrastrutture generano, molto frequentemente, un impatto irreversibile sugli habitat, sia forestali che di prateria; è altresì appurato l’impatto che le attività sportive e ricreative posso avere sulle specie laddove esse interferiscano con le attività riproduttive o di riposo (es. arrampicata in periodo di nidificazione in prossimità di siti riproduttivi di rapaci, attività fuoripista nel periodo invernale in siti chiave per lo svernamento dei Galliformi alpini, o escursionismo estivo al di fuori della rete sentieristica);

  • numerosi studi, alcuni dei quali presentati anche durante il presente convegno, mostrano come i cambiamenti climatici in atto e previsti stanno influendo e influiranno in maniera significativa sulla disponibilità di habitat per le specie di ambiente montano, comportando una forte riduzione delle aree idonee a ospitare tali specie;

  • diverse aree attualmente idonee per queste specie minacciate e che rimarranno adatte per le stesse nelle condizioni future (i c.d. “rifugi climatici”, aree chiave per la sopravvivenza di specie e ambienti d’alta quota1), sono interessate o interessabili da progetti di espansione di comprensori sciistici;

esprimono

forte preoccupazione per il futuro delle specie e degli ecosistemi montani, ed in particolare alpini, già messi a dura prova dai cambiamenti climatici e ambientali in atto, i cui equilibri devono essere preservati, non solo per la salvaguardia della biodiversità ma anche per il mantenimento di servizi ecosistemici essenziali da cui dipende gran parte della popolazione (acqua, materie prime, etc.);

evidenziano che

non è pensabile replicare il modello di sviluppo cittadino e planiziale nelle aree montane, le quali possiedono delle caratteristiche peculiari, sia in termini di biodiversità che di co-evoluzione tra biodiversità e attività antropica. Tali particolarità devono essere rispettate e valorizzate, anche in chiave economica, e non stravolte da uno sviluppo che danneggia o distrugge le risorse proprie della montagna e che non può essere sostenibile, sul piano economico, ambientale e sociale, nel lungo termine.

Per quanto premesso, chiedono ai decisori politici di

  • prendere atto della grave situazione che si prospetta per le aree montane a fronte del cambiamento climatico e ambientale e che tale situazione non può che essere aggravata da una fruizione “aggressiva” e consumistica delle nostre montagne;

  • favorire forme di fruizione e sviluppo in grado di preservare le risorse ambientali e il sistema socio-ecologico delle aree montane, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 e i Sustainable Development Goals;

  • di fermare la realizzazione di nuovi impianti di risalita e infrastrutture sportive e opere connesse in aree protette e nei rifugi climatici

  • di lavorare in concerto con le comunità scientifiche nazionale e locali per l’individuazione di soluzioni win-win che favoriscano una frequentazione turistica compatibile con la conservazione delle specie e degli habitat e lo sviluppo di attività economiche sostenibili sul territorio montano, come già avviene in numerose realtà, dove la fruizione incentrata sui valori naturalistici e ambientali rappresenta il principale volano dell’economia locale e dove accorgimenti ad hoc (es. chiusure temporanee di percorsi sentieristici, divieti temporanei di arrampicata nel caso di siti di nidificazione di specie sensibili, realizzazione di pannellistica e segnaletica ad hoc ecc..) possono contribuire a ridurre fortemente i conflitti tra attività outdoor e conservazione;

  • prendere atto del lavoro della comunità scientifica sui rifugi climatici, nonché promuovere gli studi sugli effetti del cambiamento climatico sugli ecosistemi alpini, anche al fine di integrare e ampliare la rete di aree protette (e gli strumenti gestionali per la conservazione all’interno delle stesse) per includere e tutelare i rifugi climatici. Tale azione contribuirà anche al raggiungimento del target del 30% di aree protette e del 10% di aree strettamente protette previsto dalla Strategia europea sulla Biodiversità per il 2030;

  • rafforzare e promuovere le iniziative di formazione sulle modalità di fruizione e di sviluppo economico della montagna compatibili con la conservazione a lungo termine delle risorse ambientali delle aree montane stesse.

 La presente risoluzione è stata discussa e approvata all’unanimità dai partecipanti al Convegno.

Fonte: CISO - 12.09.2023